«Io non voglio che le poesie siano musicali, le poesie devono essere musica, non musicali».– Giorgio Caproni

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Una preziosa scoperta svela un’inaspettata arte oratoria di Caproni e ci permette di ottenere integralmente l’essenza della sua idea di letteratura, e nella fattispecie di poesia. Il bardo livornese, come sempre defilato, vi dirà quasi niente sui suoi versi, moltissimo sulla consapevolezza del tragico.
n. 4 - 56 pagine arabe intonse,
dimensioni a libello chiuso 12X19, interno stampato su carta Fabriano Palatina, copertina a colori stampata su carta Fabriano Fabria Brizzato.
Copertina: Maurizio Ceccato - Ifix ©
Editing: Giovanni Nucci
Copertina: Maurizio Ceccato - Ifix ©
Editing: Giovanni Nucci
Poeta italiano, nato a Livorno nel 1912 e morto a Roma nel 1990. È considerato uno dei più grandi poeti del secondo novecento italiano. Oltre che poeta è stato saggista, critico, traduttore di Genet, Proust, Céline e Baudelaire e, per un breve periodo, maestro nelle scuole elementari. In vita ha pubblicato quasi venti volumi di versi, alcune raccolte di racconti e numerosi saggi critici.
La sua poesia, formatasi nell'ambito dell’ermetismo ma con ascendenze al vocianesimo ligure (da Sbarbaro a Boine), ha mirato a immettere nelle rarefazioni analogiche, proprie del primo, il lievito di un autobiografismo tra risentito e gentile, tra alacre ed elegiaco, e nei modi della poetica della parola quelli della poesia tradizionale, trovando la sua soluzione più felice in un tono medio, di canzonetta fra classica e popolareggiante (Come un’allegoria, 1936; Cronistoria, 1943; Stanze della funicolare, 1952; Il passaggio d’Enea, prime e nuove poesie raccolte, 1956; Il seme del piangere, 1959; Congedo del viaggiatore cerimonioso e altre prosopopee, 1965; Il “Terzo libro” e altre cose, 1968; Il muro della terra, 1975; Il franco cacciatore, 1982; Il conte di Kevenhüller, 1986 e il volume complessivo Poesie 1932-1986, 1989). In prosa ha scritto un diario di guerra (Giorni aperti, 1942), altre pagine evocative (Il gelo della mattina, 1954), racconti (Il labirinto, 1984). Ha tradotto finemente opere di Apollinaire, Proust, Céline, Cendrars. Una nuova raccolta di poesie, in parte già preparata dall'autore, è uscita postuma a cura di Giorgio Agamben (Res amissa, 1991).
La sua poesia, formatasi nell'ambito dell’ermetismo ma con ascendenze al vocianesimo ligure (da Sbarbaro a Boine), ha mirato a immettere nelle rarefazioni analogiche, proprie del primo, il lievito di un autobiografismo tra risentito e gentile, tra alacre ed elegiaco, e nei modi della poetica della parola quelli della poesia tradizionale, trovando la sua soluzione più felice in un tono medio, di canzonetta fra classica e popolareggiante (Come un’allegoria, 1936; Cronistoria, 1943; Stanze della funicolare, 1952; Il passaggio d’Enea, prime e nuove poesie raccolte, 1956; Il seme del piangere, 1959; Congedo del viaggiatore cerimonioso e altre prosopopee, 1965; Il “Terzo libro” e altre cose, 1968; Il muro della terra, 1975; Il franco cacciatore, 1982; Il conte di Kevenhüller, 1986 e il volume complessivo Poesie 1932-1986, 1989). In prosa ha scritto un diario di guerra (Giorni aperti, 1942), altre pagine evocative (Il gelo della mattina, 1954), racconti (Il labirinto, 1984). Ha tradotto finemente opere di Apollinaire, Proust, Céline, Cendrars. Una nuova raccolta di poesie, in parte già preparata dall'autore, è uscita postuma a cura di Giorgio Agamben (Res amissa, 1991).
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